Il bambino prematuro

I bambini nati pre-termine, cioè quei piccoli venuti alla luce prima delle 37 settimane di gestazione sono 13 milioni in tutto il mondo e 40 mila in Italia. Nei parti gemellari e quelli derivanti da fecondazione assistita la prematurità ha un tasso molto elevato (quasi il 50%) ma nel resto dei casi è una condizione in cui uno stile di vita sano ed equilibrato può pesare molto favorendo la nascita a termine.
Considerando il peso del bambino alla nascita parliamo di:

  • LBW: low birth weight “Neonato di peso basso” se è inferiore ai  2500 g
  • VLBW: very low birth weight “Neonato di peso molto basso” se è inferiore ai 1500 g.
  • ELBW: extremely low birth weight “Neonato di peso estremamente basso” se è inferiore ai  1000 g

I neonati prematuri presentano un fabbisogno nutrizionale molto elevato sin dalle prime ore di vita, diverso da un bambino nato a termine. In una prima fase, l’alimentazione del neonato prematuro consiste nella sola  nutrizione parenterale, cioè nella somministrazione dei nutrienti via endovenosa. L’assunzione di sostanze come vitamine e minerali vengono monitorate molto attentamente.

L’alimentazione del bambino prematuro è di fondamentale importanza per il suo corretto sviluppo psico-fisico.Se la mamma non riesce a produrre latte, si può ricorrere all’utilizzo dei latti per neonati prematuri.

Quando si passa alla fase di nutrizione orale oltre al latte materno o in formula potrebbe essere necessario integrare l’alimentazione del bambino con vitamine e minerali.

Le cause precise di un parto prematuro sono ad oggi  ancora oggetto di studio ma sono stati individuati alcuni elementi di rischio

  • ipertensione arteriosa della mamma
  • diabete
  • infezioni
  • ipertiroidismo
  • cardiopatie
  • gestosi
  • età della madre
  • malnutrizione
  • abuso di alcool
  • consumo di stupefacenti
  • fumo di tabacco

Lettera a mia figlia

Che fretta avevi!

Amore mio, ricordo vividamente i giorni che hanno anticipato la tua nascita. L’aria era tesa, c’era preoccupazione e ansia. O meglio, pur essendo nello stesso spazio esistenziale era come se ci fosse una patina trasparente a dividere, a scindere le due situazioni: i dottori, calmi e ferrei, e noi, mamma e papà, spaventati e preoccupati. “Deve nascere!”. Sdraiata nel lettino mentre con lo scottex mi levavo dalla pancia il gel, continuava a ripetere lo specialista, “Deve nascere!”, ridondanti e noiose apparivano quelle parole. “Non può nascere; manca ancora un mese!” rispondevo. Inutilmente.

…Dall’ambulatorio, mi trasferirono nella saletta travaglio per procedere con l’induzione al parto, tramite tecniche farmacologiche. “È piccolina! Tranquilla tesoro, secondo me basta solo un gel per farla nascere”, cercò di tranquillizzarmi l’Ostetrica accanto a me, mentre mi teneva la mano. Erano le 13 circa, quando feci la prima induzione, e la giornata era scandita da secondi che inesorabilmente non scorrevano. “E ora? Cosa succederà? Cosa comporta la nascita prematura? Come starà la nostra bambina?” chiedo al tuo papà. Non sapevo ancora cosa volesse dire essere mamma e, da zero a cento, sto per essere mamma di una bambina prematura. Se avevo l’ansia di non essere in grado a essere la tua mamma, adesso ho paura che non sia abbastanza per te, amore mio. Non sono stata capace di farti stare bene dentro di me, protetta, figuriamoci ora.

Verso le 23.00 feci il tracciato. Qualche contrazione venne annotata, ma erano ancora molto leggere, tanto che non le sentii neppure. Provai ad addormentarmi, con scarso risultato. Stavo per diventare la tua mamma, l’emozione era troppo grossa per perdere tempo a dormire.

Alle 03.00, iniziasti a farti sentire. Le contrazioni si fecero più marcate e regolari. Alle 5:45, la dilatazione era completa e mi spostarono in sala parto. Di colpo l’ansia, la paura e il dolore scomparirono. Esistevi solo tu. E avrei fatto di tutto per farti stare bene… da ora e per tutta la tua vita.

Alle 6:45 sei nata: eri piccolissima ma per me eri già tutto il mondo. Un super pianto hai tirato fuori, a pieni polmoni. E menomale, amore mio, è stato proprio quello che ci ha permesso di stare insieme appena nata per una manciata di minuti. Ti hanno dovuto portare via poi. Ti hanno messo nell’incubatrice e ti hanno portato nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale di Livorno.

Dopo un paio di ore sono tornata in camera, ma tu non c’eri. Dovevo abituarmi che non ci saresti stata. La ragazza accanto a me aveva il suo piccolo che dormiva al lato del letto e io avevo da un lato la poltrona e dall’altro il comodino. Gli teneva la mano, lo prendeva in braccio… quando voleva. Io? Io no. Io avevo degli orari per venire da te: sei volte al giorno per mezz’ora. Io e papà venivamo da te e dai piccoli oblò dell’incubatrice ti tenevamo la mano e il piedino. Lo ammetto, amore mio. Ero gelosa e invidiosa della mamma che condivideva con me la stanza. Non perché il suo bimbo fosse più bello di te. Ma perché lei lo aveva lì con sé e io no; io avevo orari e tempi per stare con te, il mio amore, mia figlia. Non vedevo l’ora che la dimettessero. Il giorno dopo il tran tran per venire da te era ormai instaurato in noi come se fosse da sempre una routine quotidiana della nostra vita. Ci presentavamo sempre dieci minuti prima con la speranza che ci aprissero la porta lo stesso così da poter stare insieme un pochetto di più. Dopo che ti lasciavamo andavamo dalle infermiere per sapere quanto avevi mangiato, se avevi avuto problemi per digerire, quanto avevi perso, se avevi dormito tranquilla. Poi, dal medico a parlare del tuo quadro generale. Poi nella saletta riservata alle mamme per tirarmi il latte.

Stavi andando alla grande, amore mio. Stavi crescendo a modo e reagivi benissimo a tutti gli stimoli ed esami.

Poi mi hanno dimessa. E facevo avanti indietro dall’ospedale per venire da te. La prima notte a casa è stata particolare: sapevo che stavi bene ma non eri con me, avevo la sensazione di averti abbandonata, anche se non potevo portarti a casa nostra. Non eri più dentro la mia pancia e neppure nella tua culla pronta accanto al letto.

Il giorno dopo per la prima volta dopo quattro giorni dalla tua nascita posso prenderti in braccio. Ricordo come se fosse ora l’amore che ho provato in quei trenta minuti: non era amore, era qualcosa oltre all’amore; era magia! Ti hanno così tolta dall’incubatrice e ti hanno messa nella culla riscaldata: un grandissimo passo che ti avvicinava sempre di più a casa. Ti ho cambiata per la prima volta il pannolino, ti ho vestita per la prima volta, ti ho dato da mangiare per la prima volta. Siamo cresciute insieme!
A 2,3 kg sei finalmente uscita dall’Ospedale e abbiamo iniziato la nostra vita insieme, amore mio.

Carlotta, 28 anni
Mamma di Gaia, 15 mesi

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